Prologo 8 – Leviamoci dunque, finalmente, poiché la Scrittura ci scuote dicendo: E’ oramai tempo di svegliarci dal sonno. Gli occhi nostri spalancati alla luce divina, gli orecchi attoniti per lo stupore, ascoltiamo la voce di Dio che ogni giorno si rivolge a noi gridando: oggi, se ascoltate la sua voce, non indurite il vostro cuore.
Anche se Dio ogni giorno ci rivolge il suo invito, non dobbiamo continuare a rimandare la nostra risposta, la nostra decisione. Benedetto ci invita a fare attenzione, ad accorgerci della sua presenza, ad aprire gli occhi e le orecchie. Certamente non vediamo Dio con i nostri occhi fisici, né lo sentiremo con le nostre orecchie, ma abbiamo dei sensi spirituali, che se non esercitiamo si atrofizzano, proprio come quelli corporei.
Chi non apre gli occhi non può stupirsi di un’alba o un tramonto, non perché non ci siano, ma perché non se ne accorge. E noi rischiamo di non accorgerci della presenza di Dio perché intorpiditi da un sonno che è dovuto al non ascolto, alla non attenzione, alla distrazione. Basti pensare a come facciamo fatica a fermarci e fare silenzio e restare soli, a svuotarci da pensieri e preoccupazioni. Fatica non solo perché non ne troviamo mai il tempo, ma anche perché quando per caso capita che restiamo soli, abbiamo come paura di questo vuoto e dobbiamo subito riempirlo almeno con dei suoni, con della musica.
Per incontrare Dio abbiamo bisogno di spazi e occasioni di solitudine. All’inizio ci sentiremo a disagio, anche se questo è un paradosso di oggi. Sperimenteremo come siamo a disagio a stare con noi stessi, quando dovrebbe essere la cosa più naturale. Scopriremo come il silenzio non è vuoto, ma abitato da tante “voci”, e quelle che inizialmente ci potranno spiazzare maggiormente saranno le nostre, quelle che non abbiamo mai avuto il tempo o il coraggio di ascoltare. Emergerà tutto un mondo da cui siamo distolti e allontanati.
Un esercizio molto semplice, ma che può sollevare il velo su un mondo apparentemente sconosciuto è quello di sedersi ad ascoltare il proprio respiro. Cercando di lasciare ogni altro pensiero, rallentando anche il nostro respiro, fermarsi ad ascoltarsi mentre inspiriamo ed espiriamo, per sentire anche come il nostro battito cardiaco si rallenta. E’ una tecnica che usavano i monaci esicasti per introdursi alla preghiera. Può essere un modo per svegliarci dal sonno dell’iperattivismo.
Nessun commento