RB 2,4-6 – Perciò l’abate nulla deve insegnare, stabilire o comandare che si discosti dalla legge del Signore; mediante il suo insegnamento e le sue direttive faccia invece penetrare nel cuore dei discepoli il buon fermento della giustizia divina, sempre ricordandosi che nel tremendo giudizio di Dio dovrà rendere conto sia del proprio insegnamento sia dell’obbedienza dei suoi discepoli.
L’abate non ha semplicemente il compito di applicare la Regola, ma di adattarla alle situazioni avendone acquisto lo spirito. Ne è il primo discepolo proprio attraverso il continuo lavoro di approfondimento e interpretazione alla luce del Vangelo. Il “perciò” con cui si apre questa sezione sottolinea come il contenuto e la modalità del suo insegnamento e del suo governo è la conseguenza del fatto che la comunità appartiene a Cristo. Il suo insegnamento deve essere una riproposizione e una attualizzazione della “legge del Signore”, cioè non insegna e non comanda a sua discrezione, ma egli stesso si rifà a Cristo che è il padre di famiglia.
Egli guida i fratelli a Cristo e non li plasma a sua immagine e somiglianza, o in base a qualche altro modello o ideale. La sua responsabilità è proprio quella di condurre tutti i fratelli che gli sono affidati a Cristo, insegnando loro a vivere il Vangelo. E’ un pastore, cioè una guida, colui che indica la strada, conduce su di essa, sostiene nel cammino fino a quando si giunge alla meta. E’ il primo che cammina su questa strada, sapendo che non sempre sarà facile indicarla ai fratelli o aiutarli a percorrerla. Non deve arrendersi o perdersi d’animo di fronte alla lentezza o all’indocilità, ma continuare amorevolmente a indicare il cammino.
Il primo che la percorre significa anche il primo che la cerca, perché non può essere data per scontata. Mette in gioco e in discussione la sua vita. Non è un servizio che può essere svolto in modo asettico o distaccato. Si è totalmente e profondamente coinvolti. Qui emerge il tratto personale di coloro che hanno una responsabilità.
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