RB 2,31-36 – E sia ben consapevole di aver assunto una missione tanto difficile e delicata: quella di guidare le anime mettendosi al servizio dei diversi temperamenti. Dovrà quindi usare con alcuni la dolcezza, con altri il rimprovero, con altri ancora la parola persuasiva, adattandosi così e quasi conformandosi a tutti secondo la natura e l’intelligenza di ciascuno, in modo non solo da evitare di subire perdite nel gregge che gli è affidato, ma piuttosto da potersi rallegrare per il suo buon incremento. Soprattutto l’abate non trascuri né tenga in poco conto il bene spirituale dei suoi monaci preoccupandosi maggiormente delle cose transitorie, materiali e destinate a perire. Pensi invece continuamente che egli ha avuto in consegna persone da guidare e che di esse dovrà rendere conto a Dio. Perché poi non gli accada di giustificarsi adducendo il pretesto della scarsità di mezzi, ricordi che sta scritto: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. E ancora: Nulla manca a coloro che temono Dio.

L’abate si fa guida nel cammino spirituale dei fratelli, non perché abbia in tasca tutte le soluzioni, ma perché li aiuta in questo cammino di ricerca e di conversione. Una guida spirituale, o padre spirituale, non è colui che si sostituisce nel discernimento, ma aiuta a fare verità in questo processo che ciascuno è chiamato a compiere personalmente e assumendosene tutte le responsabilità. Potremmo dire che è chiamato ad essere testimone di verità in quanto guarda la realtà da un altro punto di vista e aiuta in questo modo a uscire dal rischio dell’autoreferenzialità. Questo soprattutto attraverso l’ascolto, perché ciò che l’abate vede è solo una parte della realtà di ciascuno. Quindi il suo ministero dipende molto anche dai singoli fratelli. Se questi non lo cercano, non gli parlano, non si aprono, può solo richiamarli per quei comportamenti che appaiono in contraddizione con la loro vocazione.

Vi è una dimensione di “ammonimento” generale fatta attraverso il suo insegnamento e il suo esempio, ma questa, pur importante, non può scendere nel profondo del vissuto di ciascuno. Partendo anche da situazioni contingenti, suggerisce e richiama valori che poi ciascuno è chiamato a declinare nella propria vita.

Benedetto parla soprattutto di ammonimenti e correzione dei defetti, ma vi è una dimensione positiva di “alimentazione” della vita spirituale, cioè di offerta di spunti di riflessione per la propria formazione e per il proprio cammino di relazione con Dio, che vanno dai capitoli, alle omelie, alle sessioni di studio, ai testi suggeriti e letti in comune, ecc. La paternità spirituale non si esaurisce nel colloquio, ma si esprime e modula in molte forme e si dispiega in tutta la giornata. In modo propositivo cerca di stimolare ciascuno perché prosegua nel cammino di approfondimento e di crescita umana e spirituale.