RB 3,3-6 – Abbiamo detto di chiamare a consiglio tutti i fratelli perché spesso proprio al più giovane il Signore manifesta ciò che è meglio fare. I fratelli espongano il loro parere con tutta la sottomissione che l’umiltà ispira, e non abbiano la presunzione di sostenere con arroganza il loro punto di vista. La decisione, invece, dipenda dall’abate; e in ciò che egli avrà giudicato più opportuno, tutti obbediscano. Tuttavia, come è giusto che i discepoli obbediscano al maestro, così pure si richiede che il maestro, da parte sua, disponga ogni cosa con saggezza ed equità.

La convocazione della comunità a consiglio è  uno strumento sia di discernimento che di costruzione dell’unità. Questo però non è automatico, tanto è vero che se non si è capaci di vivere correttamente questo momento può diventare luogo di divisione e spaccatura, oltre che di confusione. Per questo è essenziale il modo con cui si partecipa, l’atteggiamento, e direi anche la preparazione previa. Il partecipare a una riunione di comunità richiede fatica perché è indispensabile l’autocontrollo, la capacità di ascolto, il mettere da parte le reazioni istintive e i rancori o i contrasti caratteriali.

La preparazione non consiste solo nell’informarsi sul tema, nel riflettere e magari appuntarsi le idee principali, ma ancora prima nel pregare e invocare il dono della sapienza su di sé e sulla comunità nel suo insieme. La prospettiva di fede è come un orizzonte nel quale collocarsi e che ci può aiutare ad accogliere anche le indicazioni di Benedetto a: non attaccarsi al proprio parere in modo ostinato, sottomissione, umiltà, non presumere, per contrastare l’arroganza. Benedetto ha ben chiaro il meccanismo che umanamente scatta nell’animo dell’uomo: ciò che io capisco, vedo, sento, vivo, è sicuramente giusto e quindi devo difenderlo a ogni costo perché è la verità. Quando in realtà è solo uno dei possibili punti di vista, usando le parole della Regola, cioè una prospettiva, un aspetto, una modalità. La verità è molto più grande e diversa anche dalla somma di più punti di vista.

Se è essenziale che tutti esprimano il loro punto di vista, è altrettanto essenziale che tutti lo considerino un punto di vista e non la verità. Cioè occorre la libertà di sapersene distaccare, di saperne prendere le distanze. Altrimenti non c’è dialogo, ma contrapposizione di punti di vista, che rischia poi di degenerare in contrapposizione tra persone.

Per Benedetto è l’abate che è chiamato a raccogliere i dati offerti e a tirarne le conseguenze, anche indipendentemente dal parere della maggioranza, cioè è chiamato a riflettere su tutto ciò che gli è stato offerto e a discernere la volontà di Dio che in esso è deposta. Il criterio non è semplicemente quello della maggioranza, ma della ricerca della volontà di Dio, facile da dire, ma difficile da realizzare. Però è essenziale questa distinzione.