RB 4,14-19 – Ristorare i poveri. Vestire chi è nudo. Visitare chi è malato. Seppellire i morti. Soccorrere chi è nella prova. Consolare gli afflitti.

Benedetto a questo punto elenca una serie di azioni citando in modo implicito, ma chiaramente, il racconto del Vangelo di Matteo al capitolo 25. Azioni che nella tradizione sono state poi definite opere di misericordia corporale e spirituale. Confrontando il testo evangelico ci accorgiamo di alcune omissioni. Benedetto raccogliere dar da mangiare e dar da bere nell’unica azione di ristorare i poveri. In questo modo si sottolinea come sono i poveri che hanno bisogno di essere sfamati, che non sono in grado di soddisfare neppure il bisogno primario dell’alimentazione, che permette la sussistenza. La povertà mette a rischio la vita.

Quindi omette l’ospitalità per passare al vestire chi è nudo, e al visitare chi è malato. Non sappiamo perché, ma sembra che nelle sue scelte segua i bisogni di ogni uomo: sussistenza, dignità, salute.

Stupisce l’omissione dell’ospitalità perché sarà una forma tipica di accoglienza del Cristo per il monachesimo di ogni epoca e luogo. La ritroveremo ampliamente trattata in altri capitoli della Regola. Come anche l’omissione del riferimento ai carcerati, che ad esempio sarà l’elemento che toccherà il cuore di Pacomio portandolo alla conversione e quindi alla vita monastica. Vicenda che Benedetto conosceva sicuramente perché faceva parte di quelle vite dei santi che venivano lette a edificazione alla sera.

Forse queste omissioni sono legate alla situazione storica in cui Benedetto viveva, dove la grave situazione sociale ed economica dovuta alle invasioni barbariche aveva creato una povertà estrema, dove la sussistenza era messa a rischio dalla fame e dalle malattie che la guerra portava con sé.

L’invito a soccorrere chi è nella prova è un invito generale a non volgere lo sguardo altrove quando si vede una situazione di sofferenza o un’ingiustizia. Il monaco non si isola, non fugge, ma partendo dal suo cammino di conversione porta l’aiuto che può. Non ha gli strumenti per risolvere i problemi, ma si fa prossimo e si mette in gioco. A volte non potrà fare altro che consolare, ma non per questo si tira indietro. Pur partendo dai bisogni primari, ha uno sguardo su tutto l’uomo. anche il semplice gesto di dare un pezzo di pane può essere compiuto con superiorità che umilia, o con stima e affetto che ridona speranza al cuore.

Anche a noi oggi è chiesto di vivere questa attenzione ai bisogni che cambiano nelle varie epoche storiche. Potremmo dire attenzione all’umanità ferita di oggi per consolare e curare le piaghe dell’anima e del cuore. Oggi forse più che di pane c’è bisogno di affetto e accoglienza.