RB 4,20 – Rendersi estraneo al modo di pensare e di agire del mondo.

Spesso si associa la vita monastica alla “fuga dal mondo”. Questo versetto ci aiuta ad evitare dei travisamenti pericolosi. Prima di tutto occorre capire cosa si intende con il termine “mondo”. Questo capitolo è una raccolta di citazioni, qui si fa riferimento a Rm 12,1-2: Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Non si tratta di uno spazio geografico, ma di una mentalità, di un modo di porsi che è in alternativa al progetto di Dio, alla sua volontà.

Benedetto sottolinea che dobbiamo renderci estranei al modo di pensare e agire, non alla realtà che ci circonda. Si tratta cioè di rinnovare ogni cosa a partire dalla nostra relazione con Dio. Paolo usa l‘espressione ricapitolare ogni cosa in Cristo Ef 1,10. Gesù non è fuggito dal mondo, ma nel mondo ha reso presente una logica nuova, quella dell’amore. Anche noi siamo chiamati a rendere presente nel mondo un nuovo modo di vivere, di relazionarci, di giudicare la realtà. Questo traspare ad esempio dal nostro modo di relazionarci: accogliamo senza giudicare le persone, senza etichettarle, ma offriamo loro stima, ascolto, amore.

Vivere nel mondo senza assorbirne la logica non è pero facile, perché siamo sempre affascinati dalle sue proposte. Per questo è importante ricordarci sempre che siamo chiamati a pensare e ad agire per amore di Cristo. Si tratta di smascherare le logiche che stanno dietro al modo di agire e porsi che ci vengono proposte soprattutto dai mezzi di comunicazione.

La mentalità dominante oggi è molto ambigua perché usa segni e linguaggi anche religiosi per affermare principi che sono contro il vangelo. Vi è un’assolutizzazione del soggetto che porta a una distorsione di tutte le relazioni e di tutti i valori. Oggi il principio è nulla anteporre all’io. Io sono il criterio di discernimento, io sono la sorgente dei valori etici, io decido ciò che è giusto e sbagliato, io decido quando vivere e quando morire, ecc. Per cui l’altro vale se lo decido io, l’altro è al mio servizio.

Mettere Dio al centro, al primo posto, significa riconoscere la vera e giusta dignità di ogni uomo, non solo la mia. Significa riconoscere che ciascuno di noi è portatore non solo di diritti, ma anche di doveri. Significa riconoscere che c’è un progetto più grande di me che abbraccia ogni uomo e si estende per i secoli, e quindi devo tener conto non solo dei miei bisogni, ma di quelli di ogni uomo che vive oggi e che vivrà domani.

La mentalità plasma l’agire per cui è importante capire e mettere in luce le distorsioni della mentalità di oggi, è importante proporre valori e testimoniarne il contenuto. Siamo una minoranza chiamata a far fermentare tutta la pasta e per questo dobbiamo saper dialogare e interagire con chi ha una mentalità diversa. Creare un ghetto impedirebbe l’opera di trasformazione e di redenzione.

Per Benedetto quindi non si abbraccia la vita monastica per fuggire il mondo, in opposizione al mondo, odiando il mondo, ma per amore, per rinnovarlo, per riscoprire la bellezza posta in ogni cosa da Dio. Non è importante il dove viviamo, ma come. In monastero, in famiglia, sul posto di lavoro, possiamo testimoniare la novità del vangelo. Questo però può accadere se prima di tutto ci rinnoviamo noi attraverso la preghiera, l’ascolto della Scrittura, l’amore, facendoci veramente discepoli di Cristo, cioè persone che lo seguono.