RB 4,22-28 – Non portare ad effetto i moti dell’ira. Non riservarsi un tempo per sfogare la collera. Non tenere inganno nel cuore. Non dare pace falsa. Non abbandonare mai la carità. Non giurare per non cadere nello spergiuro. Dire la verità con il cuore e con la bocca.
Abbiamo ora una serie di strumenti che potremmo dire legati alla gestione dei conflitti. In una vita comune è normale che possano avvenire incomprensioni o dissensi. Il modo di comportarsi quando questi avvengono manifesta di chi siamo figli e discepoli. Moti d’ira possono accendersi nel cuore, e questo è legato anche al carattere di una persona, alla situazione che sta vivendo, come stanchezza, tristezza, difficoltà, ecc. Il problema non è tanto che questi moti possano nascere, ma se li lasciamo andare ad effetto, se cioè ci lasciamo guidare da essi.
Essi per certi aspetti rientrato nella sfera delle reazioni istintive. Ma non possiamo lasciarci guidare e dominare da queste, sia che abbiano una manifestazione apparentemente positiva, sia che l’abbiano negativa. Abbiamo non solo una intelligenza, ma anche una coscienza, che ci responsabilizzano, che cioè ci chiedono un discernimento su ciò che si accende nel nostro cuore e lo agita, per giungere poi a scegliere quali gesti portare ad effetto.
Ira e collera possono accendersi in noi, ma dobbiamo saperli riconoscere, dobbiamo saperli leggere per comprendere perché si sono accesi, e dobbiamo saperli gestire, cioè spegnere trovando altre forme per manifestare il nostro disagio.
Non tenere inganno nel cuore non significa reagire in modo istintivo, sfogare la collera quando si accende o l’ira. Al contrario, significa che quando riconosco in me moti negativi devo saperli riconoscere come tali, devo saperli controllare e portare a “conversione”, cioè trovare una forma positiva di risanamento. Il male non deve crescere e dominare nel nostro cuore, giustificato da ragionamenti molto umani che si mettono a misurare e contabilizzare gesti e parole dell’altro. La giustizia di Dio non ha due piatti sui quali mettere le azioni mie e dell’altro per vedere chi ha ragione.
Non tenere inganno nel cuore significa che il mio cammino di risanamento della relazione deve non solo evitare sfoghi d’ira, ma deve portare a una pacificazione anche del cuore. Si tratta quindi di un cammino, anche lungo, che richiede i suoi tempi, di riconciliazione interiore con se stessi e con l’altro.
Non abbandonare mai la carità significa che deve essere lei a guidarci in questo cammino che deve giungere al perdono. Esso ha almeno queste tappe: riconoscere e identificare ciò che c’è nel mio cuore; capirne le cause (perché si è acceso questo insieme di moti?); ritornare ai valori per me più importanti; scegliere di rinunciare alla vendetta, perché occhio per occhio non è giustizia. E qui è essenziale il nostro rivolgerci a Dio per essere guidati e sostenuti; cercare gesti e segni che possano diminuire la tensione e spegnere i sentimenti più forti in me; cercare gesti e segni che possano risanare la relazione con l’altro.
Il perdono è un dono che si sceglie di offrire, non qualcosa che l’altro deve meritarsi. E la vita comune si costruisce sul perdono, ricevuto e offerto.
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