RB 4,39-40 – Non mormorare, non diffamare il prossimo.
La mormorazione è per Benedetto la minaccia più pericolosa per il cammino spirituale e umano di una persona e di una comunità, perché è subdola e uccide lentamente come un veleno. Ma cos’è? Ogni volta che nel nostro parlare riferiamo di situazioni, avvenimenti, aspetti negativi di una persona o di un gruppo non con l’intento, e quindi quell’attenzione e preoccupazione, di aiutare e curare, seminiamo pregiudizi, sospetti, che come sabbiolina rendono più difficili le relazioni. Non si tratta di far finta che tutto vada bene quando non è così, o di non evidenziare problemi che ci sono, ma di come lo facciamo.
Se siamo sinceri alcune volte quando raccontiamo di aspetti negativi di qualcuno lo facciamo con un po’ di gusto, quasi per rivincita. E’ un po’ come se in modo subdolo ci prendessimo la nostra rivincita mostrando il limite e la povertà di chi ci ha creato fastidi. In una sorta di meccanismo per cui se abbasso lui mi innalzo io.
Questo meccanismo distrugge la fiducia e mina la possibilità di relazioni autentiche. Diventerà impossibile fare un richiamo propositivo, perché l’altro si sentirà sempre minacciato, giudicato, attaccato.
Benedetto ci vuole ricordare che c’è modo e modo di fare una critica, e la differenza sta nel cosa vogliamo ottenere. Se vogliamo aiutare la nostra critica deve essere propositiva e costruttiva, deve cioè non solo smascherare ciò che non va, ma almeno abbozzare un possibile percorso alternativo, una possibile via di correzione. Parliamo per aiutare o per distruggere? Se è per aiutare nelle nostre parole ci deve essere anche un segno di stima, di affetto.
Nessuno di noi ama essere criticato, e quando viene alla luce un nostro limite o una nostra fragilità, ci restiamo male. Questo deve aiutarci a capire come dobbiamo rendere il nostro parlare non solo veritiero, ma anche caritativo. La verità può essere usata per uccidere o per salvare, non è neutra. Posso usarla per infierire e demoralizzare una persona, o per aiutarla a migliorare incoraggiandola. Il fare tesoro di ciò che noi abbiamo sperimentato quando qualcuno ci ha fatto un’osservazione ci può aiutare a trovare il modo di sostenere e accompagnare chi sbaglia. Non dobbiamo farci complici, ma medici che cercano di curare.
Le battute, le mezze parole che lasciano aperto il dubbio e il sospetto, sono altrettanti pugnali lancianti nel vuoto per colpire non si sa chi. Quando Gesù ammoniva: il vostro parlare sia sì, sì, no, no, penso che faceva riferimento non solo alla menzogna, ma anche alle mezze parole che aprono al sospetto.
Nessun commento