RB 4,44-47 –  Temere il giorno del giudizio. Pensare con terrore alla realtà dell’inferno. Desiderare la vita eterna con tutto l’ardore spirituale. Avere ogni giorno davanti agli occhi il pensiero della morte. Vigilare costantemente sulla propria condotta di vita.

Questi versetti hanno come denominatore comune il tema della vita dopo la morte, sia in prospettiva negativa, che in prospettiva positiva. Questo è un tema oggi assente dal pensiero comune. Ci si pone la domanda di cosa ci sia dopo la morte solo di fronte alla morte di una persona cara quando o questa è vicina a causa di una grave malattia. Si è persa anche solo l’idea che alla morte ci si prepara, che è un passaggio in continuità con tutta la nostra vita precedente.

Nella Regola e nella spiritualità antica era invece un motivo di sprone all’impegno presente: oggi si costruisce il futuro. E le dimensioni in gioco sono due, quella del timore e quella del desiderio.

Positivamente questi versetti possono offrire due richiami. Il primo è quello di riconoscere un progetto di Dio su ciascuno di noi che non finisce con il consumarsi del nostro corpo fisico, ma palpita di una vita che lo supera. Un progetto che ha come meta finale proprio la comunione di vita con Lui, e che nell’oggi ha una fase importante, ma non l’unica.

Il secondo richiamo è che oggi costruiamo il nostro futuro, anche quello oltre la morte. Questa non la si improvvisa. Potremo viverla con serenità se prima avremo vissuto con fiducia e abbandono in Dio, se prima avremo sperimentato questa sua vicinanza e cura. Non ci si prepara con un pensiero ossessivo sulla morte, ma vivendo il presente con un orizzonte che va oltre l’immediato e il tangibile. Ci si prepara coltivando il desiderio della relazione con Dio, alimentando il desiderio di Lui.

Non si tratta di desiderare la morte, ma la vita, quella vita che già oggi andrà oltre la morte. Non temere questo incontro, ma attenderlo con speranza, non tanto perché noi siamo conformi al progetto di Dio, ma perché abbiamo già fin d’ora sperimentato la sua misericordia e confidiamo in questa. L’atteggiamento con cui affrontare questo passaggio è proprio quello della fiducia serena e abbandonata di un bambino che si addormenta nelle braccia della madre.