RB 4,48 – Vigilare costantemente sulla propria condotta di vita.
Non si tratta di vivere con una sorta di angoscia per tutto ciò che facciamo o pensiamo, ma di prendere coscienza che i nostri gesti e le nostre parole non cadono nel vuoto, ma lasciano dei segni positivi o negativi. E’ prendere coscienza che anche senza accorgercene, segniamo la vita di molte persone che ci vivono accanto, che ci incontrano, o che senza neppure averci mai visti risentono delle nostre scelte. Abbiamo cioè una responsabilità.
Detto in un altro modo più positivo, significa che io sono molto importante, e se non faccio, non dico quella cosa, non lo farà nessuno al mio posto. Anche se ai miei occhi a volte può sembrarmi di essere insignificante, di non cambiare nulla, non vero. E Dio stesso conta su di noi. Siamo strumenti attraverso i quali può passare la sua grazia, ma solo se noi lo vogliamo, se noi lo accogliamo.
Il “come” facciamo una cosa, anche un gesto semplice e umile come cucinare, svolgere un lavoro, offrire un bicchiere d’acqua, ecc. fa passare qualcosa di noi, di ciò che ci sta a cuore, di Chi ci sta a cuore. Una cosa buttata lì, fatta tanto per farla, detta senza attenzione, non è muta, dice qualcosa che magari non vorremmo comunicare. Spesso nella vita comune i sospetti e le incomprensioni nascono proprio da gesti e parole superficiali, cioè fatte senza pensarci, senza rendersi conto degli effetti che potevano avere. La superficialità ferisce sempre e a volte danneggia in modo significativo qualcuno.
L’invito di Benedetto è allora quello di essere padroni di noi stessi per edificare, per benedire, per far risplendere la bellezza, sapendo che siamo importanti e lasciamo sempre un segno.
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