RB 4,62 – Non voler essere considerato santo prima di esserlo, ma diventarlo realmente perché lo si possa dire con più verità.

Questo invito di Benedetto oggi ci sembra molto strano e possiamo pensare che non ci riguardi. Ma se al posto di “santo” ci mettiamo qualche altra immagine ci accorgiamo che non è poi così inusuale. A volte infatti capita che per desiderio di stima speriamo che gli altri ci considerino molto di più di quello che in realtà siamo o siamo in grado di fare.

E’ un richiamo all’autenticità e alla coerenza. Facciamo bene a desiderare e a impegnarci per cose grandi, che hanno valore (aspirate ai carismi più grandi 1Cor 12,31). Non si trappa però di apparire, ma di essere. Questo non è un richiamo ad abbassare le speranze e gli impegni, ma al contrario, a lavorare sodo per raggiungerli in verità. Le grandi mete però sappiamo che richiedono tempo e costanza. Ma sono queste che danno vero valore e senso alla nostra vita.

Ma queste parole possono essere anche l’occasione per riflettere su cosa pensiamo sia la santità. Questa dovrebbe essere la meta e il desiderio di ogni credente. E’ interessante l’uso che San Paolo fa di questo termine nelle sue lettere. Lui chiama santi i suoi interlocutori (cfr. Ef 1,1 Ai santi che sono a Efeso credenti in Cristo Gesù). Sempre in questa lettera troviamo un passaggio che ci può illuminare: ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità (Ef 1,4). E’ l’amore e la fede che ci rendono santi, non la perfezione. Santi si diventa imparando ad amare come siamo amati da Dio e fidandoci-affidandoci a Lui. I santi non sono super-eroi, ma innamorati. Uomini e donne illuminati e guidati dall’amore. Siamo stati creati per amare e per questo la pienezza, la realizzazione di una persona è nell’amore. Ma questo cammino possiamo compierlo solo con l’aiuto di Dio che è la sorgente dell’amore.