RB 4,67 – Non agire per invidia

In monastero, e in generale nella vita, abbiamo sempre occasione di incontrare persone che per qualche aspetto riconosciamo essere più avanti di noi. A volte si tratta di doni legati al loro carattere, al loro temperamento, a capacità o sensibilità, ecc. Ma molto di tutto questo è anche frutto di un cammino di formazione, di maturazione, di attenzione e lavoro su se stessi. Anche una dote innata se non viene coltivata non giunge a portare tutti quei frutti che potrebbe.

L’ammirazione e il riconoscimento di questi aspetti belli può far nascere il desiderio di progredire anche noi, di imparare qualcosa, o un sentimento misto di rabbia e ammirazione che è l’invidia. I padri del deserto suggerivano di passare da un padre all’altro per cogliere, come api sui fiori, qualche aspetto positivo, perché c’è sempre da imparare da tutti. Ogni persona è come portatrice di un dono che può essere appreso.

L’invidia nasce quando di fronte questo dono invece di coglierlo come occasione anche per noi di crescita umana e spirituale, non ci sentiamo all’altezza o non vogliamo metterci in gioco. Cerchiamo a volte una scorciatoia per apparire come quella persona, senza aver realmente acquisito quelle capacità o quegli atteggiamenti. Altre volte l’amarezza è talmente grande che cerchiamo di screditare quella persona e di “abbassarla”. In ogni caso l’invidia ci impedisce di riconoscere come il dono dell’altro è un dono anche per me, perché mi mostra un percorso per crescere ulteriormente, mi stimola a mettere in gioco risorse che magari fino a quel momento non ho avuto modo o voglia di valorizzare, mi stimola mostrandomi aspetti belli che ancora non sono pienamente fioriti in me.

L’altro non è un avversario o una sorta di concorrente nella gara della vita, ma un compagno che mi mostra cosa posso essere anch’io, o che completa quello che manca a me. In comunità, in famiglia, ma in ogni ambito, dovremmo imparare a riconoscerci e porci come membra di un unico corpo, cioè come strettamente interconnessi e interdipendenti, e per questo chiamati a sostenerci reciprocamente.